L'attuale stagione artistica di Etta Scotti si annuncia, da queste prime nuove raccolte, ricca e significativa. Ricca per le varietà delle suggestioni formali e per il preziosismo delle soluzioni cromatiche, significativa perché è testimonianza di come, nell'artista, il progressivo affinamento della sensibilità espressiva possa accompagnarsi ad evoluzioni anche radicali, a profondi rivolgimenti, a scelte che non temono il confronto personale con nuovi mondi - e modi - stilistici.

Dal continuo lavoro degli ultimi tre anni, infatti, emergono opere intense, attentamente e pazientemente selezionate in un dipanarsi tra felicità creativa - spinta e alimentata di volta in volta dalla curiosità, dal coinvolgimento emozionale, dall'ironia, dal gusto personale per la citazione colta - e la riflessione su quanto fatto, il ripensamento costante dell'artista che, mai del tutto soddisfatta, incessantemente sceglie, ritocca, innova perseguendo un proprio ideale di equilibrio e di armonia. In questo secondo momento si stempera e si addolcisce la forte carica di energia che Etta Scotti sa trasmettere e che rappresenta solo la più appariscente tra le sue doti umane: di essa rimangono, nelle opere definitive, soltanto tracce, a volte sottili e quasi impalpabili, a volte percepibili come affioranti tessiture capaci di suscitare, al di là delle suggestioni cromatiche, vibrazioni intense.

Ma in che cosa consiste, per Etta Scotti, questo ideale di equilibrio? Ritengo che, tra le possibili definizioni, sicuramente limitative e forse mai del tutto rispettose dell'inviolabile intimità dell'artista, si possa proporre la ricerca della leggerezza. Questa categoria dello spirito, a volte erroneamente accostata all'effimero, nobilitata in sede di analisi letteraria da Italo Calvino (Lezioni americane,1988), si traduce, nelle opere di Etta Scotti, in forme magiche in cui, per un attimo inafferrabile, per una durata minima solo precariamente fissata, il meccanismo cosmico appare trattenuto in una sospensione temporale. Commentando il De rerum natura di Lucrezio, Calvino scrive: "La poesia dell'invisibile, la poesia delle infinite potenzialità imprevedibili, così come la poesia del nulla nascono da un poeta che non ha dubbi sulla fisicità del mondo.''; e mi sembra - che tale annotazione possa consentirci di collocare queste opere pittoriche in una luce particolarmente consona.

I vortici, gli impalpabili ''petali'' che creano movimenti concentrici e ad onde, i coaguli di colore che irradiano luminosità, le sgocciolature ammiccanti danno spessore all'infinita trasparenza della qualità cromatica, fatta di sottili velature, di impercettibili passaggi tonali o di contrasti accentuati. A volte, alcuni segni ricordano la gestualità grafica, l'agire dell'artista - nei graffiti, ad esempio, si può intuire forse la necessità di interrompere, di forzare, di alterare l'opacità cromatica che qui appare intensamente coprente. I modi pittorici di Etta Scotti trasmettono, appunto, il trasformarsi di un'esperienza sensoriale che, di stadio in stadio, dall'indagine più fortemente espressiva trascolora, nella manipolazione delle tecniche e dei materiali, in una dimensione di lirica leggerezza, in cui la ricerca incessante propone - ma non impone - alcune possibili situazioni altamente suggestive. Ciò consente all'artista di accostare tra loro opere apparentemente molto diverse ma in realtà profondamente coerenti, che ricevono le une dalle altre fondamento e stimolo per una lettura ben al di là della superficiale piacevolezza e che tuttavia, nella loro individualità e unicità, catalizzano la nostra attenzione e affinano il nostro saper ''vedere" e saper "sentire''. Citando ancora Calvino, ''...esiste una leggerezza della pensosità, così come ... esiste una leggerezza della frivolezza; anzi, la leggerezza pensosa può far apparire la frivolezza come pesante e opaca".

L'elaborazione cromatica ha sempre rappresentato, nell'opera di Etta Scotti, un momento privilegiato. Ripercorrendo la precedente fase figurativa, così come la felice produzione ritrattistica, si avverte immediatamente questo preciso interesse, che costituisce il banco di prova su cui l'artista si misura e, nello stesso tempo, il serbatoio inesauribile a cui attinge e da cui distilla l'alfabeto del proprio linguaggio espressivo. Nella prima maniera il colore si poneva come atmosfera, costituiva il respiro della figurazione, dilatandosi in trasparenza e quindi esaltando l'immagine, che assorbiva da questa stessa atmosfera, una vita arcana, a volte leggermente inquietante ma sempre raffinatamente allusiva. Ora, tale respiro si fa pulsazione, ancora più fortemente vitale in quanto il colore si pone come forma dell'informale.

Ed è affascinante lasciarsi attrarre da queste opere, come è affascinante - se pur arduo - cercare di cogliere i segreti di questa alchimia fatta di dissolvenze fragili e di sapienti sovrapposizioni, ottenuta per mezzo di misuratissime cancellature, fino all'abrasione, e con morbidezze tonali ai limiti dell'astratto. Aggiungere per togliere, costruire per dissolvere, riempire per spalancare spazi infiniti.

 

 

di Cristina Borin

COLORE COME FORMA DELL'INFORMALE

Il colore interagisce con le emozioni umane; ad ogni colore è legato uno stato d’animo e i colori si attivano a vicenda in molte sfaccettature che da soli non avrebbero.

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